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Le super intelligenze artificiali sono davvero così super? – 13 March 2018

Il futuro dell’umanità si giocherà sull’esito di una disputa filosofica e non solo tecnologica. Se risulterà vincente l’approccio costruttivista-cooperativo allora ci sarà ancora un posto e un ruolo per l’Uomo. Ce lo dice un esperimento

 
L’etichetta di “Intelligenza Artificiale” ormai viene ampiamente utilizzata dai mass-media per riferirsi indistintamente a un nebuloso quanto ampio campo di ricerca e di sviluppo industriale. Sicuramente tale denominazione ha il vantaggio euristico di far comprendere anche ai non addetti ai lavori ciò di cui, più o meno, si sta parlando. Infatti il termine “Intelligenza” (qualsiasi cosa che intuitivamente voglia dire) e l’aggettivo “Artificiale” rimandano, nell’immaginario collettivo, all’impresa scientifica e tecnologica tesa alla costruzione di enti intelligenti quanto (o più) di un essere umano o comunque di un essere vivente. In effetti degli esseri artificiali che mostrano una qualche forma di intelligenza cominciano a entrare nelle nostre vite per aiutarci o addirittura sostituirci.
 
Molti di questi sistemi ci aiutano a rintracciare informazioni, divertirci, curarci, prendere decisioni sui nostri risparmi, fare meglio alla guerra (ciò è drammaticamente vero) o all’amore (ciò potrebbe essere abbastanza vero in un futuro non tanto lontano, purtroppo).
 
Sembra, inoltre, che le intelligenze artificiali stiano scalzando quelle naturali. Ci dicono che i lavoratori artificiali operano più velocemente, meglio e in modo economicamente vantaggioso rispetto a molti professionisti umani. Le attuali Intelligenze Artificiali appaiono spesso e volentieri come delle “Super Intelligenze”.
 
Ma è davvero così? Forse no. E il motivo è da individuare proprio nella più intima natura dell’intelligenza. Da oltre un secolo le teorie costruttiviste della conoscenza (le tradizionali prospettive teoriche di Piaget, Vygostky e Bruner, per esempio, fino ad arrivare alle moderne sintesi del neuro-costruttivismo e del socio-costruttivismo) hanno descritto l’Intelligenza o la conoscenza come un fenomeno emergente dalle relazioni che un individuo intrattiene con il suo ambiente di vita e con altri conspecifici. In parole povere, l’intelligenza non risiede nella testa di un individuo ma nella relazione tra varie teste.
 
A favore di questa tesi, sia le Neuroscienze sia la Psicologia hanno raccolto negli ultimi anni notevoli evidenze empiriche e, inaspettatamente, un’ulteriore conferma è arrivata proprio dall’Intelligenza Artificiale. In un ben congegnato esperimento è stato mostrato come due scacchisti “della domenica” siano riusciti a battere Deep Blue, il potente super-computer che fino a quel momento aveva battuto tutti i campioni del mondo di scacchi. L’aspetto essenziale dell’esperimento era rappresentato dal fatto che i due dilettanti avevano la possibilità di consultare dei banali computer commerciali e potevano parlare tra loro (qui una approfondita descrizione dell’esperimento).
 
Due uomini di “normale” intelligenza che cooperano tra loro e usano “mediocri” intelligenze artificiali sono riusciti a battere una Super Intelligenza Artificiale fino a quel momento invincibile per qualsiasi super-intelligenza umana. Questo vuol dire che il futuro dell’umanità si giocherà sull’esito di una disputa filosofica e non solo tecnologica. A mio modo di vedere se risulterà vincente l’approccio costruttivista-cooperativo allora ci sarà ancora un posto e un ruolo per l’Uomo, in caso contrario temo che la Super-Intelligenza Artificiale potrebbe anche decidere di fare a meno del suo creatore.
 
Orazio Miglino​ – Direttore del Nac e ordinario di Psicologia evolutiva alla Federico II
 
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