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Robotica News – 29 Gennaio 2018

Anche i robot sotto stress hanno paura. E diventano più intelligenti

 

Un team di ricercatori del Natural and artificial cognition laboratory dell’Università Federico II di Napoli e dell’Università di Plymouth ha sviluppato un modello neurale computazionale per studiare l’evoluzione della paura nei robot

 
Da Giuseppe Stabile – 29/01/2018
 
I robot del futuro saranno in grado di provare sentimenti e, dunque, più intelligenti. I due elementi, capacità di provare emozioni e intelligenza, sono infatti tra loro profondamente legati, come da tempo ha spiegato la psicologia evoluzionistica. Le ricerche condotte in questo campo hanno dimostrato la stretta correlazione tra processi neuro-cognitivi e gli stati emotivi, sottolineando come i sentimenti più profondi, come la paura o la rabbia, giochino un ruolo fondamentale nelle scelte e nelle decisioni degli individui, mettendoli al riparo da situazioni di pericolo. Introdurre circuiti emozionali nei robot diventa dunque la chiave per la loro evoluzione.
 
A questo proposito, un team di ricercatori del Natural and artificial cognition laboratory (Nac) del dipartimento di Studi umanistici della Federico II di Napoli e del Centre for robotics and neural systems (Crns) dell’Università di Plymouth (Regno Unito), ha sviluppato un modello neurale computazionale in grado di osservare le diverse reazione alla paura in generazioni di popolazioni di robot. Nello studio, Basic emotions and adaptation. A computational and evolutionary model, pubblicato sulla rivista Plos One, i ricercatori hanno creato un modello ispirato alla biologia umana e animale per vedere come la gestione del rischio possa emergere dall’apprendimento attraverso l’evoluzione, e, soprattutto, come ciò influisca in particolare sulla fitness in robot simulati controllati da una rete neurale evoluta con algoritmi genetici.
 
Un’emozione che ci salva la vita
 
A spingere gli scienziati a focalizzare la ricerca sulla paura è una semplice considerazione, che si richiama a quanto dimostrato dalla biologia. Proprio la paura, fra le emozioni fondamentali, è quella che agisce sulle scelte degli animali divenendo in diverse situazioni uno strumento indispensabile per la sopravvivenza. L’esempio più immediato viene dall’osservazione degli animali in natura, tenuti a stare in guardia dai predatori, in particolare durante la ricerca di cibo o l’esplorazione di territori. I predatori sono un pericolo costante che può presentarsi in modi imprevedibili ed è quindi necessaria una risposta immediata da parte dell’organismo, un comportamento istintivo che lo salvaguardi. In più, la paura la paura sembra essere un’emozione che si sviluppa attraverso le diverse generazioni, come tutti i processi evoluzionistici.
 
Da qui dunque la domanda: come fanno dunque gli animali a imparare a gestire questo rischio in maniera efficace e a fare le giuste decisioni in situazioni di stress? Grazie al modello neurale, composto neuroni artificiali e che si ispira ai circuiti neurali del cervello umano, diventa ora possibile osservare come evolve la capacità di gestione del rischio attraverso generazioni di popolazioni di robot, proprio come è accaduto in passato nelle specie umane e animali.
 
La paura aguzza l’ingegno
 
E la ricerca ha mostrato come anche i robot sotto stress abbiano paura e, nello stesso tempo, come diventino più intelligenti, grazie all’emozione che ne aguzza l’ingegno, proprio come accade agli umani.
 
I risultati dello studio offrono spunti importanti sotto diversi punti di vista. Innanzitutto, potrà aiutare a mettere a punto un agente artificiale in grado di gestire adeguatamente il rischio, che a sua volta potrà essere di supporto all’uomo in situazioni improvvise di pericolo o ansiogene, o più semplicemente a prendere decisioni in situazioni quotidiane di incertezza, ad esempio quando siamo alla guida, attraversiamo una strada, quando scegliamo un percorso o abbiamo necessità di acquistare un prodotto. Dall’altro, la ricerca, consentendo agli scienziati di isolare i circuiti emotivi dalle altre funzioni cognitive, potrà dare informazioni importanti e chiare su quali aree del cervello sono implicate nella genesi della paura, e quindi guidare i ricercatori nei prossimi studi da applicare all’uomo. In questo caso l’obiettivo ultimo è mettere a punto strategie di intervento per quelle persone che soffrono di ansia o di altre fobie.
 
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