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Le scienze – 20 December 2017

NAC – Federico II, Napoli: Modelli neuro-robotici della paura. La gestione del rischio tra evoluzione e sistemi artificiali

 

Comunicato stampa – Pubblicato su PLOS ONE uno studio di un team di psicologi del NAC della Federico II di Napoli che ha sviluppato un modello neurale computazionale in grado di osservare l’evoluzione di diverse strategie di gestione del rischio attraverso generazioni di popolazioni di robot

 
“Essere freddo come un robot” potrebbe presto diventare un luogo comune superato dai fatti. Anche i robot possono provare sentimenti e, quindi, diventare più intelligenti. Riuscire a instillare emozioni in sistemi di intelligenza artificiale non serve infatti solo a renderli più “umani”, serve innanzitutto a renderli più efficienti.
La psicologia evoluzionistica ha dimostrato da tempo la stretta correlazione tra processi neuro-cognitivi e gli stati emotivi, segnalando in particolare come i sentimenti più profondi, come per esempio rabbia o paura, svolgano un ruolo fondamentale nelle scelte e nelle decisioni degli individui, salvaguardandoli da situazioni di pericolo e aumentandone così le possibilità di sopravvivenza. La paura segnala una situazione di rischio e “addestra” alle condizioni di emergenza.
 
Un team di ricercatori del Natural and Artificial Cognition(Nac) Laboratory del Dipartimento di Studi Umanistici della Federico II di Napoli e del Centre for Robotics and Neural Systems (Crns) dell’Università di Plymouth (UK) ha sviluppato un modello neurale computazionale in grado di osservare come emergono diverse strategie di gestione del rischio attraverso generazioni di popolazioni di robot. Il modello è stato descritto nello studio “Basic emotions and adaptation. A computational and evolutionary model” in corso di pubblicazione sulla rivista PLOS ONE a firma di Daniela Pacella, Michela Ponticorvo, Onofrio Gigliotta e Orazio Miglino.
 
“Nonostante numerosi modelli abbiano provato a incorporare emozioni di base nel comportamento di robot e agenti intelligenti – spiega Orazio Miglino, direttore del Nac e ordinario di Psicologia evolutiva alla Federico II – in pochi hanno approcciato il problema da un punto di vista evolutivo. Questo lavoro rappresenta un modello neurale computazionale ispirato alla biologia umana e animale di come la gestione del rischio può emergere dall’apprendimento attraverso l’evoluzione, e di come ciò influisca in particolare sulla fitness in robot simulati controllati da una rete neurale evoluta con algoritmi genetici. I robot sono evoluti e testati in ambienti con livelli diversi di pericolo e le loro performance sono analizzate e comparate”.
 
I risultati della ricerca vanno in due direzioni. Innanzitutto, un agente artificiale in grado di gestire adeguatamente il rischio può essere di supporto all’uomo in situazioni improvvise di pericolo o ansiogene, può essere di aiuto nel prendere delle decisioni in situazioni quotidiane di incertezza, come quando guidiamo, quando attraversiamo la strada, quando scegliamo un percorso o abbiamo necessità di acquistare un articolo.
 
Accanto all’utilità pratica c’è tuttavia un altro risvolto. Una rete neurale artificiale in grado di isolare i circuiti emotivi dalle altre funzioni cognitive potrà dare informazioni importanti e chiare su quali aree del cervello sono implicate nella genesi della paura, e potrà quindi guidare i ricercatori nei prossimi studi da applicare all’uomo.
 
La paura come indispensabile strumento di sopravvivenza
Le teorie evoluzionistiche hanno mostrato come le emozioni di base, come la paura, siano manifestazioni per lo più innate, prive di mediazione cognitiva e modellate nel corso di generazioni dalla selezione naturale. “E’ proprio la semplicità e l’immediatezza di queste risposte – mette in evidenza Daniela Pacella, research fellow all’Università di Plymouth e ricercatrice del Nac – che ne determina l’efficacia, e di conseguenza aumenta le probabilità di sopravvivenza di un organismo o individuo in situazioni di rischio o pericolo. Grazie alle reti neurali artificiali e agli algoritmi genetici siamo in grado di riprodurre ed evolvere questi comportamenti anche nei robot, studiando il modo in cui emergono e si consolidano”. Laddove la capacità di gestione del rischio non sia funzionale possono emergere comportamenti disorganizzati, per esempio stati di ansia, di shock o disturbo post-traumatico da stress.
 
Osservare l’evoluzione della paura
Nel processo di elaborazione del modello neurale, i ricercatori partenopei sono partiti da una semplice considerazione: in natura i predatori sono un rischio variabile ma sempre presente per ogni organismo vivente, specialmente durante l’esplorazione del territorio alla ricerca di cibo. Come fanno gli animali a imparare a gestire questo rischio in maniera efficace e a fare le giuste decisioni in situazioni di stress? Grazie al modello neurale diventa ora possibile osservare come evolve la capacità di gestione del rischio attraverso generazioni di popolazioni di robot, proprio come è accaduto in passato nelle specie umane e animali.
Acquisire nuove conoscenze sulla genesi ed evoluzione delle emozioni serve a fornire contributi fondamentali alla conoscenza dei meccanismi di apprendimento sia umani sia artificiali. “Le emozioni – conclude la ricercatrice – sono fortemente connesse alla memoria, alle decisioni, alla motivazione, alla sopravvivenza. Se vogliamo che i nostri cervelli artificiali diventino sempre più umani, integrare i circuiti delle emozioni diventa non solo fondamentale ma imprescindibile”.
 
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